Progetto associativo o servizio educativo? Guida ad una scelta consapevole

I servizi educativi per l’infanzia, tra pubblico e privato, sono molti, ma non sempre riescono ad accogliere tutte le richieste che arrivano. Per questo  da anni sono nati diversi progetti ludici-pedagogici gestiti da associazioni ed enti del terzo settore, che hanno come Mission non solo la cura del bambino, ma il desiderio di creare una comunità educante, un coinvolgimento attivo della famiglia che ha sposato i valori umani  dell’associazione.
Essere associati in un progetto pedagogico non significa avere una tessera per poter entrare ed uscire usufruendo di servizi, come fosse un circolo privato. L’associazionismo nasce per scopi ben più alti. È l’ INSIEME di persone che credono negli stessi valori e che attraverso idee di sviluppo comuni (incontri, progetti ecc)  portano alla profusione nel mondo di questa loro visione.
Come in ogni gruppo ci sono i leader che fondano l’associazione e si donano allo scopo; ci sono persone che credono e investono fiducia in questo disegno e concorrono alla realizzazione, sempre più allargata, dell’idea madre.
Questo tipo di progetto non è dunque un mero scambio di richiesta/offerta.
È un vero e proprio connubio di intenti, di valori, che mira all’accrescimento e alla rivalutazione di concetti considerati quasi obsoleti, ma che sono la base per tornare ad un’umanità vera, di scambio quotidiano, di sostegno reciproco, nell’ottica più ampia della ricostruzione di un mondo gentile.

L’associazionismo non può essere portato avanti da chiunque. Non siamo tutti pronti a questo tipo di modello, seppur virtuoso.
Chi sente di non avere mai tempo, chi sceglie di inseguire il lavoro H24, chi pensa che l’educazione sia una cosa che compete alla “scuola”, chi sostiene che basti accompagnare i figli e andare a riprenderli, chi non crede che i bambini capiscano tutto, chi pensa di essere “fatto così” , chi non ha voglia di passare qualche giornata con gli altri, chi pensa che il prodotto sia più importante del processo,  lasci perdere l’associazionismo. Non è la vostra via.
Non sarebbe un percorso che vi darebbe soddisfazione, perché è un percorso impegnativo, volto alla costruzione di nuovi pilastri educativi, portato a distruggere le certezze per ricostruirne di nuove, promotore di valori che nella società attuale possono apparire anticonformisti: rispetto dell’altro, fiducia, sostegno reciproco, tutti per uno e uno per tutti, il riciclo creativo, l’educazione emozionale, la libertà di scelta.
Insomma, cose di una volta, che non fanno rima con consumismo, conformismo ed egocentrismo; con fretta, diffidenza e lontananza; con dovere, superficialità e ambiguità.
I contesti associativi NON sono dei servizi. Il contributo che viene offerto è per il sostegno delle spese e la realizzazione dei progetti che l’associazione promuove. La partecipazione dei soci non è solo necessaria per portare avanti le attività istituzionali, ma è fondamentale per consolidare e concretizzare l’idea di comunità cui si aspira e mostrare la via ai più giovani, affinché lo stare insieme per creare bellezza diventi uno stile di vita.
Entrare a fare parte di un’associazione significa questo. La scelta dunque di associarsi deve essere ben ponderata.

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Questa premessa per poter approfondire il tema della ricerca della  realtà più adatta a noi e al nostro sistema famigliare.

Come scegliere dunque il contesto ludico/educativo/formativo dei nostri bambini/ragazzi?
1)Informarsi sui valori e su ciò che l’ente promuove.

2) Leggere il progetto per comprendere se fa parte di noi, se risuona all’interno del nostro cuore, o se invece non è un impegno che ci sentiamo di assumere in questo periodo della nostra vita.

3) Guardare negli occhi chi ha fondato il progetto che stiamo valutando, sentire ciò che ci trasmette a pelle, ciò che arriva dentro di noi osservandolo.

4) Percepire l’ambiente intorno, se è un posto in cui noi vorremmo stare, se le attività e le proposte ci sembrano interessanti per il nostro bambino/a, partendo da una base di conoscenza delle tappe di sviluppo  e del significato di certe attività rispetto ad altre.
Vediamone alcune:
-La libertà di scelta. È facilmente intuibile se un ambiente è stato preparato a questo scopo oppure no. I materiali sono alla portata dei bambini? Ci sono molteplici attività  che il bambino può scegliere?
Perché vorremmo che nostro figlio/a avesse questa opportunità? La possibilità di scegliere cosa desideriamo fare (inteso come attività da svolgere) significa IMPARARE AD ASCOLTARSI. A scegliere il bene per noi stessi. Significa attuare anche un certo grado di RESPONSABILITÀ, perché scegliere significa anche questo.
-Le attività di vita pratica. Le attività di vita pratica sono coloro che fondano le basi per la CONCENTRAZIONE del bambino/a. L’opportunità di svolgerle apre le porte alle riflessioni che il bambino può compiere durante l’attività, nonché alla conquista di movimenti atti alla fase della scrittura ( che il bambino svolgerà in seguito) e alla memoria di lavoro data dalla sequenzialità dei movimenti per poter compiere il lavoro fino in fondo.
-Materiale auto-correttivo. Se l’ambiente contiene materiale auto-correttivo significa che il bambino avrà l’opportunità di correggersi da solo, di compiere il processo intuitivo che gli consentirà di trovare l’errore e ipotizzare soluzioni diverse, fino a trovare quella esatta.
-Spazio esterno. La possibilità di stare all’aperto dev’essere giornaliera, anche nella stagione fredda. Gli apprendimenti che  avvengono tramite il gioco libero, auto-organizzato, in natura, non possono avvenire in altri contesti e sono essi preziosa fonte di nutrimento motorio, scientifico,  sociale ed emozionale per il bambino. Oltre al fatto che stando molto fuori si ammalano meno perché il freddo Non fa ammalare, anzi, stimola il sistema immunitario, abbatte i batteri e la proliferazione dei virus.
-La passione degli adulti che accompagneranno i bambini durante la giornata e l’approccio pedagogico attuato. Nello sguardo di chi vi accoglierà e vi mostrerà la proposta dovrete leggere la passione per questo mestiere. È una scelta di vita, non si può pensare di farlo senza la scintilla negli occhi. Chiedete la storia del luogo, questo vi porterà a cogliere le fondamenta su cui si erge il tutto. Prestate attenzione all’approccio pedagogico e alle basi su cui si muove. Sentite se è coerente con la vostra visione, se è ciò che sentite più giusto per il vostro modello educativo, le vostre credenze, la vostra cultura.


Ci possono essere milioni di fattori che incidono sulla scelta di un luogo, di un progetto o di un servizio educativo. La cosa importante è cercare quello che ci rappresenta di più, perché i bambini hanno bisogno di COERENZA, di sentire che il genitore si fida di coloro a cui li affida. Per questo scegliete con cura, con calma, ponderate. Siate vigili e mettete in discussione con consapevolezza.
E se sceglierete un progetto associativo, partecipate in ogni modo possibile, è una grande opportunità per conoscere non solo la realtà che avete scelto con attenzione, ma anche per mostrare a  vostro figlio il mondo che vorreste: partecipativo, attivo, collaborativo, coeso, creativo e fiducioso.

IL BAMBINO OBBEDIENTE

Anche voi da bambini vi siete sentiti dire ” oh, è una bambina così brava e obbediente” oppure “Non obbedisce mai”?

Facciamo insieme una riflessione sul perchè sarebbe meglio non desiderare un bambino obbediente ; partiamo dal definire cosa significa per un adulto avere di fronte a sè un bambino obbediente. Generalmente si tratta di bambini composti, che fanno tutto ciò che il genitore chiede e che non danno troppo fastidio, cioè non creano troppo disagio nelle abitudini e nello stato emotivo dell’adulto di turno. La richiesta di obbedienza è una richiesta “adultocentrica” basata sulla legge del più forte e su un concetto di dominazione e autorità imposta. Un bambino educato non è sinonimo di bambino obbediente. Anche se spesso le due cose vengono confuse tra loro. Tutti i bambini sono educati, imarano ciò che vedono, che sentono e che si sentono dire.

Generalmente il bambino obbediente è tale per tre motivi principali : paura (se non sarò obbediente mi puniranno) , gratificazione esterna ( se sarò obbediente mi premieranno) o un buco d’amore ( se sarò obbediente mi vorranno bene/mi diranno bravo). A lungo termine questi non sono pilastri sufficientemente forti per la costruzione di una relazione sana adulto-bambino, e, più avanti, per la relazione con l’autorità.

Manca una base di fiducia reciproca nella quale viene contemplato il diritto di sbagliare, di riparare ma anche di comprendere le emozioni , aprire uno spazio di dialogo in questo senso a doppio canale dove la realtà e la relazione stessa non viene calata dall’alto ma costruita insieme , sullo stesso piano come esseri umani.

Dai princìpi appena elencati nasce anche il rispetto. Se rispettiamo il bambino nel suo bisogno primario di scoprire il mondo e se stesso , il bambino rispetterà noi come naturale conseguenza, non per un ruolo, non per paura o per mancanza d’amore ma come essere umano che, essendo rispettato, rispetta.

Spesso sento dire adulti dichiarare ” Portami rispetto!” , “Non mi rispetti”, ma cosa vuol dire esattamente ? E’ un concetto astratto molto complesso impossibile da comunicare a parole se non vissuto prima nell’esperienza diretta. Un bambino che non ti rispetta probabilmente non è stato rispettato, in primis nel suo diritto all’errore come maestro di vita e poi nella sua capacità critica, nella comprensione della fase evolutiva che stà vivendo o, più sottilmente, nel suo diritto di muoversi in confini chiari, sicuri, definiti e adattabili alla sua crescita.

L’ obbedienza cieca allontana il pensiero critico. Quindi la domanda da farsi è : voglio che mio figlio diventi un adulto che esegue come un soldato leggi e ordini o voglio che si chieda interiormente se li condivide oppure no ? Il messaggio intrinseco che mandiamo con la richiesta di obbedienza è che il giudizio dell’ adulto (ed in futuro dell’ autorità) valga più del suo e in futuro non saprà sentire, comprendere, far suo, il senso di giusto e sbagliato ed il perchè lo sono.

Il messaggio che mandiamo è che lui non vale, o vale in base alla sua capacità di obbedienza verso gli adulti.

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Sarà anche abituato ad essere definito in una qualche maniera, a ricoprire il ruolo che gli viene dato , “un bambino obbediente”, “un bambino disobbediente”. Disobbedire in alcuni contesti viene ritenuto persino un pregio “fa sempre quello che vuole”, “è un ribelle” ; eppure anche la disobbedienza fa parte dello stesso gioco : quello di accondiscendere o andare contro un autorità, qualcuno che ha potere, che stà sopra di noi. Nessuna delle due condizioni riesce a far accedere ad una dimensione di dialogo, rispetto reciproco e ricerca della soluzione comune. Nessuna delle due condizioni insegna l’empatia, lo spazio condiviso (fisico ed emotivo) e la ricerca di ciò che è giusto. Si tratta sempre di un gioco di potere. Una giostra da cui sarebbe meglio scendere tutti se vogliamo vedere fiorire un mondo diverso, migliore.

Recentemente ero accanto ad un bambino di tre anni che faticava a gestire il suo stato emotivo (come è normale che sia a quella età, noi siamo per loro la guida in questi casi affinchè possano conoscere e gestire efficacemente le emozioni di qualunque genere) e mentre gli dicevo “aspetto qui che ti calmi un po così poi potremo parlare” lui rispondeva “io tanto non ascolto mai, non ascolto mai nessuno e non mi calmo mai”. Questo bambino probabilmente si sarà sentito dire spesso queste parole dagli adulti, quindi le ha prese e le ha fatte sue. Quello che gli adulti gli dicono di essere lui è, in questo lui crede. Quindi se diciamo ad un bambino che disobbedisce sempre, non solo ci stiamo ponendo nella posizione dell’autorità che ha impartito un odine (e che non è stato eseguito), o di coloro che sono orgogliosi del suo disobbedire, gli stiamo anche comunicando che questo è quello che lui è, e lui tenderà ad esserlo sempre di più perchè non ha strumenti ancora per potersi costruire un alternativa.

Ad un certo punto, io credo, l’adulto deve scegliere se essere un ‘capo’, un ‘compandante’, un ‘ribelle’ o una guida , un punto di riferimento. Io credo che quanti più bambini potranno uscire dalla ‘stato’ di obbedienza /disobbedienza, tanti più adulti in futuro saranno in grando di applicare il pensiero critico, di rispettare le divergenze , di trovare soluzioni comuni invece che fare le guerre di potere e riconoscere che l’unico potere che abbiamo è quello di scegliere, e per scegliere il bene dobbiamo prima aver avuto l’occasione di poterlo riconoscere e sentire.

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