Generalmente le festività ci espongono agli incontri, cene e pranzi, visite a parenti e amici, occasioni sociali per scambiarsi gli auguri e rivedersi. Questo mi fa riflettere e mi porta ad osservare dinamiche ritenute normali in queste situazioni:
” dai un bacio alla nonna, da bravo”, “su forza saluta non fare il maleducato!”, “vieni qui che ti dó un pizzicotto”, ” eh che antipatico, volevo solo darti un bacio”, “cosa succede, il gatto ti ha mangiato la lingua?”

Oppure possiamo osservare persone baciare e abbracciare bambini non particolarmente entusiasti della cosa.

Ora proviamo per un momento a scambiarci di posto. Quasi improvvisamente qualcuno, mi tocca, mi bacia, mi dá pizzicotti, mi obbliga a parlare. Come mi sento?
Mi trovo in una situazione nuova, stó cercando di orientarmi e non só se sono al sicuro, mi sento teso e vorrei solo sparire dietro le gambe della mamma. Potrei essere spaventato, arrabbiato anche, per un senso di impotenza, inadeguato perchè ci si aspetta da me un determinato tipo di comportamento.

Tra adulti non forzeremmo mai un interazione,  men che meno ci permetteremmo di baciare o toccare una persona che vediamo essere sulle sue e ci aspetteremmo comunque una reazione di rifiuto che troveremmo legittima. Perché invece con il corpo (e lo stato d’animo) dei bambini ci sentiamo autorizzati?

Come possiamo insegnare ai bambini il valore del consenso, un valore chiave che li rende vigili rispetto a potenziali pericoli in questo senso, se poi siamo i primi a violare il loro spazio sacro solo perchè in veste di parenti, amici, conoscenti ?
Nessuno dovrebbe mai sentirsi obbligato o forzato a fare qualcosa contro la sua volontà (questo si estende anche ad un approccio di educazione gentile e a lungo termine ma ne parleremo in un’ altra occasione).

Il messaggio che stiamo comunicando, con gli atteggiamenti descritti sopra è questo : lasciar valicare i limiti del proprio corpo e della propria emotività è concesso ed anzi, auspicabile, per potersi garantire amore e approvazione dagli altri. 
Sò che all’occhio di chi si muove in buona fede questo può sembrare un colpo grosso ma, di fatto, come noi trattiamo i bambini così loro imparano a percepire se stessi e apprendono cosa sia giusto ‘accettare’, dalle grandi alle piccole esperienze della vita e di relazione.
Quando affrontiamo il tema dell’educazione sessuale e all’affettività bisogna tener conto anche di questo e iniziare fin da subito a recitare il mantra: “Il mio corpo è sacro, ed è mio. Posso decidere, posso dire No.”
In questo ‘No’ alberga consapevolezza, dignità e autodeterminazione. Compito dell’adulto è rispettarlo senza prenderla sul personale o dare giudizi di indole alcuna. Il problema dell’adulto è proprio questo, pensare che gli sia dovuto in quanto adulto e avere difficoltà ad accettare i confini dell’altro (anche tra adulti stessi).
Come possiamo intervenire di fronte ad eventi simili, in quanto adulti consapevoli, per offrire ai bambini uno scudo, un riparo ma anche una risposta funzionale alla situazione?
Intanto possiamo anticipare : ” Grazie per l’invito, ora ci prendiamo un momento per ambientarci.”
Poi possiamo verbalizzare : “Andrea ti vedo teso, preferisci salutare con la mano invece che con i baci?”
Ai commenti esterni possiamo rispondere al posto del bambino: ” In questo momento Andrea preferisce osservare, quando sarà pronto verrà sicuramente a salutare.”
Anche come genitori o educatori possiamo trovarci a deviare il consenso agendo sul corpo del bambino senza render parte, quando ad esempio soffiamo il naso all’improvviso, imbocchiamo mentre il bambino è intento a fare da sè, guardiamo nel pannolino o maneggiamo, spogliamo, vestiamo senza almeno raccontare cosa stiamo per fare. “Tesoro hai il naso sporco, te lo pulisco.”, “posso guardare nel pannolino se hai fatto la cacca?”, “hai la maglia bagnata, ti svesto così la cambiamo”.
Noi siamo una guida per il bambino e possiamo fungere da filtro per il mondo esterno, donandogli le coordinate per gestire le situazioni in modo efficace e rispettoso, per sè stesso e per gli altri. Dandogli la capacità da adolescente e poi adulto di capire che anche la sua opinione conta, che può dire No, che questo non ha nulla a che vedere con l’essere più o meno amato.
C’è un retaggio culturale che ci porta a catalogare un bambino educato (o maleducato) in base al grado di compiacenza dell’adulto, al suo “dove lo metti stà”, al salutare, al baciare e abbracciare come segno di affetto senza preoccuparci di conoscere con quale stato d’animo agisca, per senso del dovere? per paura? per, appunto, compiacenza? o con spontaneità e spensieratezza?
Non è certo con la forzatura che i bambini apprendono quella che chiamiamo la “buona educazione” ma attraverso l’osservazione. Quando noi entriamo in una stanza e salutiamo tutti oppure quando salutiamo andando via, quando rispondiamo in modo educato, quando abbracciamo in modo sincero o definiamo il nostro confine, siamo sempre sotto l’occhio vigile di chi stà acquisendo “file” di relazione.
File che verranno aperti nel momento opportuno con il giusto grado di consapevolezza.
Diventiamo gli adulti di cui avremmo avuto bisogno da bambini, degli esempi, delle guide da seguire, curandoci inninzitutto di come noi ci relazioniamo con gli altri e con noi stessi. Educare al consenso significa riconoscere e rispettare i confini personali, le differenze reciproche ma anche saper gestire la propria frustrazione e rispondere con empatia.
Quelli sopra sono solo alcuni esempi di situazione e mediazione. Se desideri approfondire l’ argomento puoi scriverci via mail o prenotare una consulenza, saremo felici di affiancarti.
Libri consigliati : “Dai un bacio a chi vuoi tu” di Rachel Brian