“Questo bambino è ingestibile! Picchia, morde, urla, lancia, distrugge tutto! Non so più come fare con lui! ”
Queste sono alle volte le parole di mamme, di maestre, di fronte ai comportamenti di alcuni bambini.
La prima grande distinzione da fare è questa: il problema NON è il bambino, ma il suo comportamento. Lui NON è ingestibile. Sono le azioni che non sono accettabili.
Sembra banale nel 2024 parlare ancora di questa distinzione, ma vi assicuro che non lo è, soprattutto per chi è cresciuto sentendosi dire “SEI SEMPRE IL SOLITO” o “SEI UN BAMBINO CATTIVO” o per chi è cresciuto con l’aspettativa degli altri incollata addosso, speranze che non dovevano essere deluse.
Se io, mamma o papà, sono cresciuto sentendomi dire che ero cattivo perché un mio comportamento non era adeguato, tenderò a ripetere l’atteggiamento e le frasi dei miei genitori, pensando che avessero ragione. Allo stesso modo se sono stato cresciuto in modo molto rigido, dove la regola rispettata era il mezzo per ottenere approvazione, sarò portato a chiedere a mio figlio lo stesso rigore, per cui non può permettersi di non rispettare le regole sociali, anche se piccolissimo.
Perché diciamocelo, un bambino che ha “comportamenti problema” è ritenuto un bambino scomodo, faticoso, difficile e alle volte si pensa che lui stesso sia il problema. Con questa visione però togliamo una parte fondamentale per la risoluzione: la fiducia nel bambino.
Ci sono istinti primordiali, come quello della nascita e della successiva sopravvivenza, per cui non c’è intervento della ragione nell’azione, c’è soltanto la conservazione della vita. Alle volte questo istinto si manifesta con morsi, sberle, urla e distruzione di oggetti. Cosa sta avvertendo il bambino in quel momento? Cosa sente?
Si sente in pericolo.
“Ma non sta succedendo nulla” , direte voi.
Può essere che ai nostri occhi non stia accadendo nulla. Ai suoi, probabilmente, qualcosa sta accadendo. Magari il fratello, un compagno, si è avvicinato troppo al suo gioco, o alla sua area di gioco; magari lo ha guardato in modo poco chiaro per lui, o si è spostato un po’ più in là vedendolo arrivare e lui ha letto in questi comportamenti una minaccia o una paura dell’altro nei suoi confronti.
È chiaro che il problema non sia il bambino o l’atteggiamento dell’altro (in questo caso) ma una lettura, un’interpretazione della realtà che sta ad un livello elevato di allarme.
Da questo si comprende come sia fondamentale agire su questa lettura. È questa che va ridefinita insieme al bambino, in modo che il suo livello di allarme possa abbassarsi un poco.
Come ridefiniamo questa lettura?
–Fermiamo l’azione lesiva. Uno stop chiaro e uno spostamento fisico del bambino dalla situazione difficile è la prima azione da compiere per far scendere il livello di tensione emotiva.
– Sediamoci accanto al bambino e se sta piangendo lasciamo che sfoghi tutta l’emozione che sta attraversando.
– Parliamo con lui una volta che si sarà calmato offrendogli una visione della realtà
( ” Lo so che volevi giocare con …. e ti sei arrabbiato perché ti ha detto di no. Lui stava giocando con… e a te sarebbe piaciuto giocare con loro, ma non hanno voluto. È difficile, lo capisco. Dobbiamo trovare un modo per sfogare questa emozione, ma non picchiando …. ) e una strategia efficace per sfogare l’emozione senza ledere gli altri o se stessi.
Ad esempio possiamo offrirgli un cuscino da picchiare o mordere o con cui urlare la sua rabbia, la frustrazione, la delusione o ciò che sta provando in quel momento.
Alle volte il bambino può negare quello che ha fatto. Proprio per questo è importante riportargli la realtà se ne siamo al corrente.
(“Ho visto che ti sei arrabbiato e hai picchiato …. ”
“Non è vero”
“Può succedere a tutti di sbagliarsi e quando si è arrabbiati si fa molta fatica a tenere a bada la mani/i piedi/ il desiderio di picchiare. Lo capisco, è difficile. Possiamo farlo, ma non sui bambini. Possiamo prendere un cuscino. ”
“Non ho picchiato”
“Capisco che ti dispiaccia aver usato le mani su tuo fratello/compagno, ma so che non era tua intenzione”)
Il bambino ha bisogno di sapere che lo amiamo comunque, che non è lui ad essere un problema, altrimenti questo lo porterà a negare sempre più fortemente il suo agito, pur di non sentirsi sbagliato agli occhi dell’adulto di riferimento.
È importante legittimare l’emozione, pur sottolineando la non accettazione dell’azione.
In questo modo il bambino capirà che può provare molte emozioni, ma che lui NON è il suo turbamento.
–Sottolineare in modo molto evidente le volte in cui il bambino riesce ad usare una strategia concordata o uno strumento offertogli per calmarsi, o quando riesce, faticosamente, a controllare l’istinto primordiale dell’attacco fisico, tentando la mediazione a parole.
La combinazione di tutti questi elementi permetterà al bambino di sganciarsi dal pensiero di essere un bambino indegno d’amore, un bambino problematico e da una visione limitata di sè. Potrà osservarsi sotto diversi aspetti e iniziare a credere di essere un bambino in gamba, capace.
Non sarà semplice continuare ad offrire la stessa strategia, perché dopo un po’ di tentativi falliti o comunque di comportamenti che si reiterano, si pensa di non essere in grado o che non sia il sistema corretto. Non è così. Ci vuole costanza, pazienza, fiducia e tanta perseveranza. I bambini sono spugne ed assorbono tutto quello che offriamo loro ma, come quando si inizia a camminare e si cade più volte, allo stesso modo c’è bisogno di tanto esercizio per imparare come incanalare le emozioni che si provano. Non possiamo pretendere di parlare una volta e risolvere il comportamento problema, dobbiamo sapere che ci vorrà tanta determinazione, tempo e fiducia per arrivare a camminare da soli.
–Osserviamo il nostro bambino. Se vediamo che ci sono situazioni che lo agitano, cerchiamo di prevenire e di evitare/limitare contesti inadeguati a questa sua fase di crescita.
–Osserviamo il suo modo di calmarsi. Che cosa fa? Vuole venire in braccio? Piange? Urla? Ricerca una particolare attività? Possiamo, osservando il suo modo naturale di calmarsi, prendere spunto per offrirgli delle strategie efficaci per ritrovare l’equilibrio. In un bambino che tende a mordere o a ricercare il cibo, per esempio, possiamo offrire i chewy tubes che sono degli strumenti di diversa durezza, per lo più in silicone, che vanno messi in bocca e masticati. Servono a stimolare il muscolo mandibolare che aiuta proprio a ritrovare la calma, scaricando la tensione.
L’osservazione del bambino e delle sue inclinazioni naturali è la chiave fondamentale non solo per trovare il giusto strumento, ma anche per sostenere il bambino nella conoscenza di sé, del suo funzionamento, delle sue emozioni e dell’espressione delle stesse senza ledere se stesso, gli altri o l’ambiente che lo circonda.
Non esistono bambini ingestibili, ma bambini in preda a grandi emozioni e adulti che devono offrire loro strumenti e sostegno per navigare le acque più agitate sapendo riportare la barca in porto.