I genitori discutono per l’ennesima volta su chi fa di più, per la casa, per i figli, per il lavoro… La discussione verte su chi deve portare fuori la spazzatura quella mattina.
Uno dei due va in bagno, l’altro resta con il figlio in salotto.
“Ah, ha tutto lei/lui da fare. Sì sì, lo so io cosa fa quando arriva a casa. Guarda lo smartphone, si mette al computer e tutto il resto passa in secondo piano”
Figlio “Non è vero. Papà/mamma fa tanto.”
“Si si… Intanto però non butta mai la spazzatura”
Figlio “La butto io”
“Non ti azzardare. Fai le tue cose tu. Lo deve fare lei/lui”
Figlio “Ma cosa cambia se lo faccio io? Non ho niente da fare ora. Ci metto un attimo”
Il genitore insiste sul mantenere il punto e se non trova terreno fertile arriva alla minaccia pur di fare desistere il figlio dall’ “aiutare” l’altro genitore.
Cosa sta facendo il figlio?
Sta mediando una delle tante discussioni dei genitori. Sta cercando di buttare acqua sul fuoco, prendendo le parti del genitore che in quel momento gli appare ingiustamente accusato. Vorrebbe essere il collante della coppia. Perché se loro smettono di litigare vuol dire che lui ha fatto bene il suo lavoro.
Cosa succede a un bambino che cresce sentendosi responsabile della felicità dei suoi genitori? Cosa significa per un figlio diventare il pacificatore, il confidente, il sostegno emotivo di mamma o papà?
Per molti bambini cresciuti in famiglie disfunzionali, queste non sono domande teoriche, ma la realtà quotidiana. Sin da piccoli imparano a sacrificare i propri bisogni emotivi per cercare di mantenere l’equilibrio familiare. Nel tentativo di evitare il conflitto, proteggere il genitore più fragile e dare un senso alla propria instabilità, sviluppano schemi relazionali che li accompagneranno anche nell’età adulta.
Quali pattern relazionali svilupperanno?
Un senso di inadeguatezza rispetto al suo ruolo di mediatore (non sono riuscito a difendere il mio genitore in modo concreto); di responsabilità della felicità o infelicità del genitore; di instabilità emotiva (quando finiranno di litigare e potrò essere certo che non si faranno più del male?)
Vediamoli nel dettaglio:
1. Il ruolo di mediatore
I bambini cresciuti in un ambiente familiare disfunzionale imparano presto a leggere le dinamiche emotive dei genitori e a intervenire per ridurre il conflitto. Questa capacità, che in un adulto potrebbe sembrare una qualità diplomatica, in un bambino porta inevitabilmente un senso di inadeguatezza, perché nulla delle dinamiche relazionali dei genitori può essere risolto dal suo intervento.
Come nasce questo ruolo?
Il bambino può sviluppare l’idea (implicita o esplicita) che la serenità familiare dipenda da lui: se fa il bravo, se dice la cosa giusta, se evita di far arrabbiare qualcuno, allora forse la lite finirà prima.
Alcuni bambini diventano veri e propri “messaggeri” tra i genitori separati o in guerra, cercando di mediare la comunicazione per evitare scontri diretti.
Altri assumono il ruolo dell’altro genitore al fine di salvaguardare la coppia, attirando il conflitto su di sé.
Quali saranno le conseguenze di questo ruolo nell’età adulta?
-Difficoltà a esprimere i propri bisogni: chi ha passato l’infanzia a mediare ha imparato che il suo compito è evitare i conflitti, anche a costo di annullarsi. Da adulto potrebbe sviluppare la tendenza a mettere le esigenze altrui sempre prima delle proprie.
-Relazioni instabili: questi individui potrebbero essere attratti da partner problematici, con il bisogno inconscio di “aggiustare” le cose.
-Paura del conflitto: per chi è cresciuto vedendo il conflitto come una minaccia, anche il più piccolo disaccordo può diventare fonte di ansia e paura dell’abbandono.
2. Il Responsabile: quando il bambino si crede responsabile della felicità o infelicità del genitore
In molte coppie disfunzionali si crea una dinamica in cui il bambino sente il bisogno di proteggere il genitore percepito come più debole o vittima, non solo mediando con l’altra figura genitoriale, ma assumendosi la responsabilità di renderlo felice e questo comporta il rischio evidente di pensare di essere responsabile anche dell’infelicità.
Come si manifesta?
Il bambino cerca di diventare il confidente del genitore: ascolta i suoi sfoghi, cerca di consolarlo, si assume il peso della sua tristezza.
In alcuni casi, si può instaurare una vera e propria inversione di ruoli, in cui il figlio diventa il “genitore emotivo” dell’adulto.
Il bambino pensa di essere al mondo per far felice mamma e papà, per questo motivo tenta di essere “abbastanza” in ogni ambito e in ogni ruolo, al fine di soddisfare questo bisogno di rendere felice il genitore.
Le conseguenze di questa dinamica nell’età adulta quali saranno?
-Difficoltà a creare confini sani: questi individui possono sentirsi responsabili della felicità degli altri e attratti da persone che necessitano di essere salvate.
-Rapporti disfunzionali: spesso si ritrovano in relazioni di co-dipendenza, dove il loro benessere dipende dall’essere indispensabili per l’altro.
-Difficoltà a ricevere aiuto: abituati a essere quelli che si prendono cura degli altri, possono trovare difficile affidarsi a qualcuno o chiedere sostegno.
3. L’equilibrista: La sensazione costante di instabilità
Uno degli aspetti più devastanti per un bambino in una famiglia disfunzionale è la sensazione che tutto possa cambiare da un momento all’altro. La casa, che dovrebbe essere un rifugio sicuro, diventa invece un luogo imprevedibile, dove la tensione può esplodere in qualsiasi istante.
Le cause di questa instabilità sono:
-Liti improvvise, magari nate da piccoli dettagli, che danno al bambino la sensazione che nulla sia davvero sotto controllo.
-La paura di dire o fare qualcosa di sbagliato, perché il clima familiare è sempre incerto e mutevole.
-Lo squilibrio rispetto alle figure di riferimento: un genitore emotivamente instabile o assorbito dai propri problemi fa sentire il bambino solo nella gestione della sua sicurezza emotiva.
Quali pattern relazionali/comportamentali si porterà nell’età adulta?
-Ansia e ipervigilanza: chi è cresciuto nell’instabilità è spesso in uno stato di allerta costante, come se fosse sempre in attesa della prossima “crisi”.
-Difficoltà a fidarsi degli altri: la sensazione di instabilità si traduce nella paura che le persone possano allontanarsi o cambiare in modo imprevedibile.
-Bisogno di controllo: alcuni sviluppano la tendenza a voler controllare ogni aspetto delle proprie relazioni per evitare di rivivere l’incertezza dell’infanzia.
Questi tre aspetti—il ruolo di mediatore, il senso di protezione verso un genitore e l’instabilità costante—sono esperienze profondamente interconnesse nei bambini che crescono in famiglie disfunzionali. Il prezzo che pagano per questi ruoli va ben oltre l’infanzia e abbiamo visto come si riflette nelle loro relazioni adulte, nei loro schemi affettivi e nella loro visione del mondo.
Spezzare questi schemi richiede consapevolezza, impegno e spesso anche un supporto terapeutico.
Nei bambini è necessaria tutta la parte di presa in carico della famiglia, per chi ne diventa consapevole, o,se non è possibile, lavorare con il genitore che è più affidabile e iniziare a comprendere le dinamiche disfunzionali che lo riguardano e come agire con il bambino affinché si interrompa il ciclo di ruoli impropri e riflettere così una via più serena in età adulta. Ma tutto questo non ha formule magiche prestabilite, ogni bambino e ogni situazione è a sé e va analizzata e studiata con attenzione al fine di attivare interventi adeguati.
Per gli adulti di oggi che sono stati bambini di coppie disfunzionali, tuttavia, ci sono alcuni passi fondamentali che possono aiutare a liberarsi da queste dinamiche e costruire relazioni più sane.
1. Prendere consapevolezza del proprio ruolo
Il primo passo è riconoscere il modello appreso durante l’infanzia e capire come influisce sulle relazioni attuali.
Alcune domande possono essere utili per attivare le riflessioni in merito:
-Mi sento spesso responsabile delle emozioni altrui?
-Ho difficoltà a esprimere i miei bisogni per paura di creare conflitti?
-Cerco partner che hanno bisogno di essere “salvati” o risolvo sempre i problemi degli altri?
-Sento ansia quando le cose vanno bene, come se stessi aspettando che qualcosa vada storto?
Scrivere un diario sulle proprie dinamiche relazionali o parlarne con qualcuno di fiducia può aiutare a fare luce su questi schemi.
2. Imparare a distinguere la propria responsabilità da quella degli altri
Chi è cresciuto come mediatore o protettore tende a prendersi carico di problemi che non gli appartengono. È fondamentale imparare a dire a sé stessi:
“Non è mio compito risolvere tutto.”
“Gli altri sono responsabili delle proprie emozioni.”
“Non devo sacrificare me stesso per mantenere la pace.”
Praticare il distacco emotivo senza sentirsi in colpa è un grande passo verso il cambiamento.
3. Costruire confini sani
Le persone che hanno vissuto in famiglie disfunzionali spesso hanno confini sfumati, perché sono abituate a essere sempre disponibili per gli altri. Imparare a dire “no” senza sentirsi in colpa è essenziale per creare relazioni equilibrate.
-Un buon esercizio è iniziare con piccoli rifiuti, come dire “non posso” a una richiesta e osservare cosa succede. Spesso, la paura di deludere gli altri è più grande della reazione reale che avranno.
-Affermare i propri bisogni senza paura: “Capisco che sei arrabbiato, ma io ho bisogno di spazio in questo momento.”
4. Superare la paura del conflitto
Molti adulti che hanno vissuto nell’instabilità temono i conflitti e li evitano a ogni costo. Ma il conflitto sano è necessario per costruire relazioni autentiche.
-Iniziare con piccoli confronti: esprimere un’opinione diversa senza sentirsi in colpa.
-Capire che il conflitto non significa rottura, ma un’opportunità per comprendere meglio l’altro.
-Lavorare sulla regolazione emotiva per evitare reazioni automatiche di ansia o chiusura quando si affronta un confronto.
5. Imparare a fidarsi e accettare il supporto degli altri
Chi ha passato l’infanzia a prendersi cura degli altri spesso fatica a ricevere aiuto. Imparare a chiedere e accettare supporto è un passo essenziale per costruire relazioni più bilanciate.
-Iniziare con piccole richieste: un consiglio, un aiuto pratico.
-Notare quando si tende a minimizzare i propri bisogni e fare lo sforzo di esprimerli.
-Concedersi di essere fragili senza giudicarsi e avere paura del giudizio altrui.
6. Lavorare sul trauma con il supporto di un professionista
In alcuni casi, gli schemi disfunzionali sono radicati profondamente e richiedono un percorso terapeutico. Terapie come la Terapia Cognitivo-Comportamentale , l’EMDR possono aiutare a elaborare le esperienze passate e a cambiare i modelli relazionali interiorizzati.
Ognuno di noi ha il potere di riscrivere la propria storia
Anche se crescere in una famiglia disfunzionale può lasciare ferite profonde, non significa essere destinati a ripetere gli stessi schemi per sempre. Con consapevolezza e impegno, è possibile creare relazioni più sane, costruire confini solidi e imparare a vivere senza il peso della responsabilità emotiva degli altri.
Liberarsi da questi modelli non è un processo immediato, ma ogni piccolo passo è una vittoria verso una vita più autentica e serena.
Se questo articolo è stato fonte di riflessioni, condivile con me.
Buona Ri-Nascita!
Manuela Griso