Nasce un bambino e le prime parole che si sentono sono: ê bravo?
Con questo termine si intende un bambino che non disturba l’adulto, che è entrato in punta di piedi nella sua vita e si è adattato fin da subito senza apportare alcuna differenza alla sua vita precedente.


A tre-quattro anni un bambino ci mostra un suo disegno e la risposta è: che bravo!
Cosa significa? Può essere un modo di giudicare la bellezza del disegno, se risponde o meno alle nostre aspettative, oppure può essere un tentativo di liquidare in modo gentile il bambino e il suo bisogno di confronto.


A 15/16 anni arriva la pagella e si dice ai ragazzi: “wow che bravo”
Qui può significare soltanto una cosa: la sua pagella risponde alle nostre aspettative su di lui.


Ma davvero siamo BRAVI solo quando non diamo fastidio o rispondiamo alle aspettative degli altri in modo soddisfacente? 
“L’aggettivo BRAVO si riferisce generalmente a una persona e significa abile, capace nella propria arte o professione (un b. medico; un b. cantante; un meccanico veramente b.) e, più in generale, che riesce bene in qualche cosa.
Spesso fa riferimento alle qualità morali di qualcuno, e si dice di persona di buon cuore, generosa, o anche onesta e degna di stima (una brava donna; puoi fidarti di lui, è un brav’uomo). “ E fin qui possiamo trovarci d’accordo.
“4. Quando lo si dice di un bambino, si intende che è tranquillo, composto, oppure ubbidiente (i bambini oggi sono stati bravi)”
Questa è la definizione del vocabolario Treccani. Quindi solo per i bambini vale la regola che se non sono ubbidienti non sono Bravi e scatta poi la caccia agli opposti… se non sei Bravo sei? Cattivo…esatto.

 

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Perché è così importante essere bravi?
Un bambino costruisce la sua identità e l’immagine che ha di sé in base a quella che gli adulti di riferimento hanno  di lui, alle parole che gli rivolgono. Sentirsi dire Bravo, sapendo che per l’adulto è un aggettivo positivo, sicuramente porta il bambino a compiacersi di se stesso e a tentare di farselo dire sempre, per rimanere nelle grazie dell’adulto.


Ma siamo certi che vogliamo che nostro figlio sia “bravo” inteso come ubbidiente e rispondente alle nostre aspettative? E se non lo fosse cosa cambierebbe? Gli vorremmo meno bene? Penseremmo di lui/lei che è cattivo/a? Che cosa vuol dire Cattivo? 

“1.Persona, insensibile o maldisposta verso sofferenze o fastidi altrui, capace anzi di rallegrarsene o addirittura di provocarli.  2.Inadatto a specifici doveri o compiti. 3.Indocile, indisciplinato 4. Privo di valore intrinseco 5. ….” 

Calate questi significati su un bambino. Come può sentirsi?

E Siamo certi che quel bambino che tenta di essere sempre ubbidiente e sempre perfetto sia felice?


Credo che ci siano molti aggettivi diversi da donare all’identità di un bambino, ma che bravo, inteso con la definizione data appositamente per i bambini, non sia auspicabile nè di valore. Porta il bambino ad alzare sempre di più un’asticella immaginaria, CHE LO VEDE COME ESSERE PERFETTO,  che lo intrappola in una visione di sé poco veritiera e in una doppia ambizione malsana: 1. la perfezione non esiste ; 2. I suoi genitori non saranno felici o infelici per colpa sua. 

Quando ci indaffariamo per compiacere gli altri e farci dire che siamo bravi, in qualche modo stiamo tradendo noi stessi. Non sempre si intende, ma spesso i bambini comprendono che essere bravi (ubbidienti) è ciò che gli adulti amano, quindi non si sentono amati nè “giusti” se non lo sono. Questo intricato marchingegno porta il bambino a non ascoltare se stesso, ma a comportarsi come sa che l’adulto vorrebbe, a far ciò che gli permetterà di sentirsi dire “Bravo”, non domandandosi se stia rispondendo anche alla proprio essenza.
Con questo non voglio dire che BRAVO sia una parola da bandire nel dialogo con i bambini, non sono un’ estremista. Sono convinta che certi “Bravo” siano utili e doverosi per far sentire i bambini amati, persone di valore e talentuose, ma nella migliore accezione del termine, quella che si usa per gli adulti, che da sempre, si sa, vengono considerati una spanna sopra i bambini. Per loro ci sono significati diversi alla stessa parola, ci sono attenzioni particolari che ai bambini non vengono concesse se non con una nota di sarcasmo o di fastidio malcelato.

Sia il bambino BRAVO che il bambino CATTIVO avranno un distacco dal loro vero Io. Tutti siamo luci ed ombre, negare l’una o l’altra parte porterà solo un dialogo interiore giudicante e conflittuale che non ci consentirà di essere veramente noi stessi. Tenderemo a rivestire il ruolo assegnato e che sia una gabbia dorata “Sei Bravo, sei perfetto” o una gabbia di ferro “Sei cattivo, sei impefetto” sempre di gabbia si tratta. La gabbia dorata porterà una tigre docile ma repressa, segretamente impaurita che l’oro smetta di brillare e quindi resta intenta a lucidarlo; quella di ferro ingabbierà una tigre ferita pronta ad attaccare pur di difendersi, segretamente desiderosa di un veterinario che curi la sua ferita. 

Che i bambini siano bravi (ubbidienti e silenziosi) è ciò che un adulto auspica, generalmente, per se stesso e per gli altri, infatti la raccomandazione più usata dai genitori quando i figli vanno da amici è “Fai il Bravo” che sottintende “Non dare fastidio ed ubbidisci”, dimenticandosi però di quando sono stati bambini loro e di come anche loro venivano tacciati di non essere bravi se non ubbidivano o rispondevano in modo non coerente alle richieste dell’adulto. Io vorrei tornare a quel tempo. A come si sentiva il bambino a cui veniva detto che non era stato bravo quel giorno, o peggio, che non era bravo mai. Io credo che si sentisse una persona di scarso valore, a tratti fastidiosa, una da cui era meglio non aspettarsi nulla. Che adulto sarà ora? Lo stesso che seduto al tavolo del ristorante ripete al figlio di due/tre anni che se fa i capricci per stare seduto non è un bambino bravo. E la storia si ripeterà. Forse.
Ma siamo quasi a Natale e voglio sperare che qualche adulto che è stato un bambino “cattivo” stia riflettendo sul significato di “essere bravo” e provi a leggere nella parola “cattivo” che gli è stata rivolta troppo spesso da piccolo, le parole “Ascolto ANCHE di se stesso” e si riconosca di essere stato invece BRAVO nei confronti di sè, a non essersi dimenticato. Mi auguro che abbia riflettuto ( “soffermarsi col pensiero su qualcosa”)e che oggi sia un adulto che “RIFLETTE” (“rinviare per riflessione una luce, un suono”) quella stessa luce che si porta dentro fin da bambino. Un adulto che oggi dica al proprio bambino: papà/mamma ti ama così come sei.


E mi auguro che chi ha sempre fatto il “bravo bambino” si sia ritrovato un adolescente o un adulto in crisi, che si sia interrogato sulla sua vera natura, che abbia tenuto ciò che gli apparteneva e abbia lasciato ciò che non era suo; che coraggiosamente si sia preso per mano e abbia detto al mondo un sonoro: NO.
Ringrazio tutti i NO che i bambini dicono e tutti i SÌ che amano dire.  Ringrazio gli adulti di oggi che siano stati bravi o non bravi bambini, ma che si sono messi in discussione per i loro figli. Ringrazio chi dice “Bravo” senza che questo significhi ubbidiente. E ringrazio chi non usa più la parola “Cattivo”. Ringrazio la RIFLESSIONE in tutti i suoi significati.

Manuela Griso