Secondo l’approccio Montessori l’ambiente è il Maestro per eccellenza. Un ambiente a misura di bambino ne favorisce lo sviluppo in termini di indipendenza, autodisciplina e competenze. Cosa significa in termini pratici?

  • Uno spazio a misura di bambino, che possa garantire libertà di movimento, di sperimentazione e socializzazione;
  • un luogo ordinato, bello, che possa trasmettere pace e tranquillità
  • un luogo che possa adattarsi gradualmente ai bisogni e alle capacità del bambino.

In un ambiente curato il bambino si sente al sicuro e può così dedicarsi serenamente alle sue attività, incluso il suo processo di autocostruzione.

Ma il bambino non è solo in una stanza, non vive solo in una casa o a scuola, l’ambiente in cui è immerso non è fatto solo di mura e oggetti. Le persone che si occupano di lui sono parte integrante di questo ambiente e l’ambiente interno (mentale, emotivo, fisico) del caregiver è parte integrante della sua formazione, del suo ambiente psichico.

Proviamo ad applicare i punti descritti sopra invece che a spazi fisici agli spazi interiori e proviamo a chiederci:  stiamo offrendo al bambino un luogo ordinato, bello, un luogo a sua misura che possa trasmettere pace e tranquillità, che sia adattabile ai suoi bisogni e alle sue competenze?

Chiaramente non stiamo parlando del nostro aspetto fisico o invenzioni di giochi mirabolanti; ciò che serve al bambino è sentirsi al sicuro e per farlo è necessario che quella stessa cura possa essere portata, applicata, al nostro ambiente interiore.

Gli adulti pensano che i bambini, essendo bambini, non capiscano, non vedano, che ci si possa in qualche modo nascondere e che si possa dissimulare. La verità è che i bambini sentono. I bambini sentono cosa “gira nell’aria” senza bisogno di grandi parole.

Nella loro piccola esperienza di mondo sono poi costretti a darsi dei significati a ciò che sentono, a cercare soluzioni, motivi, spiegazioni. Ad aggiustarsi in qualche modo in questo ambiente, esattamente come farebbero in un ambiente che non è stato pensato per loro. Troppe barriere non permettono l’esplorazione, nessuna barriera li metterebbe in pericolo, gli ostacoli li farebbero sentire inadeguati eccetera.

Facciamo alcuni esempi pratici : se il bambino mi sente lamentare tutto il giorno (del lavoro, del tempo, del marito, della moglie, o del bambino stesso) imparerà a non essere mai soddisfatto per qualcosa. Se mamma e papà non sono più felici insieme anche se non litigano davanti a lui, anche se non urlano, imparerà che l’amore è una facciata, non saprà riconoscere l’autentico. Se soffriamo per qualcosa che ha a che fare con il nostro passato, con le nostre ferite e non ce ne prendiamo cura, penserà di doverlo fare lui (e ci proverà con tutte le sue forze). Se passiamo il tempo ad autosvalutarci e svilirci, imparerà che lui stesso non ha valore. Se ci annulliamo per gli altri imparerà che solo annullandosi potrà essere amato. Se mi vede sempre con i capelli in disordine, un abbigliamento sciatto e poca cura personale si sentirà in pericolo (a livello profondo potrebbe vivere la paura di essere abbandonato per malattia, morte o allontanamento e nuovamente potrebbe attivare strategie per salvarci).

Tutto questo richiede al bambino un impegno enorme nel destreggiarsi, un impegno che toglierà ovviamente energia ad altro e farà parte integrante della costruzione del suo sè.

Significa forse che l’adulto dovrà essere sempre perfetto? certo che no. Come un luogo fisico non lo è. La casa vivrà il disordine dei giochi appena fatti, di un bicchiere che cade e si rompe, della farina che scivola fuori dalla ciotola, dei piatti da lavare e i vestiti da piegare. Ciò che conta maggiormente è il processo più del risultato.

Così come il bambino può osservarci (ed apprendere e sperimentare a sua volta) nella cura delle cose e degli spazi, allo stesso modo può osservarci nella presa di cura di noi stessi, nell’attenzione al dialogo interiore, nella presenza alle nostre intime emozioni e la capacità di comunicarle, contenerle ed esprimerle.

 

Un bambino si sente al sicuro quando sente di avere accanto una guida, che abbia imparato a sua volta ciò che intende riportagli (o che per lo meno ci stia provando).

Essere “accanto” nei processi di crescita dei nostri bambini è un grande privilegio che non può essere privato di tutto il coinvolgimento possibile in termini di auto-osservazione. Possiamo , se vogliamo, cogliere le varie fasi del suo sviluppo come corsi intensivi di crescita interiore, spirituale, mentale, relazionale se ci poniamo con umilità e responsabilità nella condizione di voler diventare quel luogo di pace e serenità di cui ha bisogno (di cui, diciamocelo, abbiamo bisogno anche noi).

Se quanto hai letto ti porta a delle riflessioni, scrivici; se pensi che possa essere utile anche ad altri, condividi; se vuoi essere affiancata, affiancato in questo processo facciamo un incontro conoscitivo. Buon percorso!