L’ IMPORTANZA DI RACCONTARE

Nell’antichità ci si trovava in cerchio, intorno ad un fuoco e si raccontava. Si raccontavano miti e leggende, storie e aggiornamenti. Era un modo per tramandare, per passare insegnamenti e moniti, per arricchirsi di conoscenza e saperi. La parola, parlata e ascoltata, aveva (e ha) un impatto emotivo forte : raccontare richiede presenza , sia da parte dell’oratore che dell’ ascoltatore, richiede partecipazione attiva, coinvolgimento, cuore.

Per un bambino , ascoltare una storia significa poter aprire le porte allo spazio della fantasia e dell’ immaginazione , significa potersi domandare rispetto ai grandi “perchè” della vita, trovare soluzioni dentro di sè, sollevare curiosità. Un racconto dona la possibilità introdurre temi altrimenti difficili, di accedere al dialogo, alla relazione vera e propria attraverso voce, sguardo, emozioni, condivisione.

Al giorno d’oggi l’ eccesso di stimoli e l’accesso alle illimitate possibilità comunicative rende, a volte, persino difficile trovare il tempo e ristabilire l’importanza di questa pratica che viene , per lo più, delegata a enti esterni (scuola, biblioteche, librerie…) o confusa col guardare una storia su grande (o piccolo) schermo.

Un cartone animato o un videogioco raccontano si storie ma senza l’ ingrediente principale : la relazione.

Un bambino (o un ragazzo) che guarda una storia riceve in modo passivo delle informazioni, “premasticate”; per quanto buon contenuto possa avere un cartone animato si tratta sempre di un atto educativo passivo, un processo iniziato e concluso, finito.

Nell’ ascoltare un racconto invece il bambino si trova a dover costruire dentro di se le immagini , è stimolato a crearsi uno scenario interiore, ipotizzare soluzioni, prevedere finali differenti, aggiungere o togliere particolari, è attivo, c’è uno scambio che allena alla relazione, all’ ascolto, all’essere co-creatori. L’ educazione passa proprio dallo scambio.

I racconti possono essere letti ma anche inventati insieme, partendo da elementi delle vita quotidiana, dalla ricerca del bambino stesso rispetto ai “perchè”.

“Perchè piove?”, “Perchè il bruco si chiude dentro un sacco?”, “perchè il mare è salato?”, “Perchè il cane è morto?”, “Perchè la nonna non può venire giù dal cielo?”, “Perchè l’erba è verde e non blu?”…

Questo non significa dare risposte fasulle , tutt’altro. Si possono correlare storie fantastiche alla naturale ricerca scientifica del bambino, si possono usare entrambi i canali seguendo l’interesse del bambino stesso e accanto alla razionalità attivare il gioco del pensiero fantastico.

La fantasia non è un lupo cattivo del quale si debba aver paura.” (Gianni Rodari)

Cito Gianni Rodari che nel suo libro “Grammatica della Fantasia” esprime al meglio quanto fondamentale sia affiancare al raziocinio la fantasia.

Se un bambino scrive nel suo quaderno «l’ago di Garda», ho la scelta tra correggere l’errore con un segnaccio rosso o blu, o seguirne l’ardito suggerimento e scrivere la storia e la geografia di questo «ago» importantissimo, segnato anche nella carta d’Italia. La Luna si specchierà sulla punta o nella cruna? Si pungerà il naso?

E concludo con queste parole a mio avviso illuminanti, sempre di Rodari :

Se una società basata sul mito della produttività (e sulla realtà del profitto) ha bisogno di uomini a metà – fedeli esecutori, diligenti riproduttori, docili strumenti senza volontà – vuol dire che è fatta male e che bisogna cambiarla. Per cambiarla, occorrono uomini creativi, che sappiano usare la loro immaginazione.

Dunque lo sforzo immaginativo non è un processo marginale nello sviluppo di un essere umano che, si spera, possa contribuire crescendo alla costruzione di una comunità sempre più vicina all’armonia e alla condivisione pacifica. Serve, l’immaginazione, ad alimentare l’atto creativo, la capacità di creare nuove strade, di trovare soluzioni, di essere parte attiva della comunità stessa.

Trovare il tempo di raccontare, o leggere insieme un racconto, significa fare dono di sè, aprire mondi, creare legami e stimolare il pensiero autonomo.

A LEZIONE DALLA LUMACA

Rivendicate la lentezza nel nostro mondo a tutto vapore, è un diritto delizioso di cui siamo stati privati. (Jean-Pierre Siméon)

In questa epoca digitale l’ imperativo categorico è : “tutto e subito”. Siamo diventati veloci : scrivere ed inviare una lettera, un messaggio, spostarci da una parte all’ altra della città, ordinare da mangiare e molto altro. Più sei veloce e più produci. Anche se diventa sempre più chiaro che il prezzo da pagare può rivelarsi alto in termini di qualità della vita.

I bambini vivono tra i due mondi : quello degli adulti sempre di corsa (e che spesso, troppo spesso non hanno tempo di giocare) e la loro natura lenta.

Il bambino ha tempi suoi, spesso molto diversi da quelli dei ‘grandi’, tempi che noi definiamo lenti ma che in realtà sarebbe meglio chiamare “tempi di processo”. La lentezza del bambino è essenziale per permettergli di accordare tutte quelle funzioni neurologiche, motorie, emotive e relazionali diventate ormai meccanismi automatici per l’ adulto, e che il bambino invece stà progressivamente creando dentro di sè.

Il livello di presenza nel qui e ora di un bambino impegnato in un attività è tale da poter escludere totalmente il mondo circostante, grazie alla ripetizione dell’attività si genera un automatismo col quale cambia anche il ritmo.Per questo si possono osservare bambini intenti allo stesso lavoro per ore o giorni in modalità quasi ipnotica.

L’ automatismo però non è solo limitato al ‘fare’ ma entra a gamba tesa anche nel mondo della relazione e dell’ essere : atteggiamenti, azioni e reazioni , modi di dire, gestualità, modalità di socializzare , perfino il modo di pensare perchè la nostra mente ha bisogno di ottimizzare il più possibile l’ energia dispersa nel processo.

I bambini, non avendo ancora totalmente automatizzato la loro maschera sociale ci stupiscono con effetti speciali, con la loro originalità, i loro filtri assenti e la loro capacità meditativa, e con altrettanta purezza rivelano l’ ambiente in cui sono immersi e del quale assorbono i processi.

Se vogliamo entrare davvero in comunione con un bambino, può essere molto utile imparare dalla lumaca : “la lentezza è la vera ricchezza.”

Pensiamo al tempo di cui abbiamo avuto bisogno già anche solo per poter essere parte del mondo oggi! Il tempo in cui la nostra mamma ci ha portati in grambo, il tempo necessario ad un albero di ricoprirsi di foglie e fiori dopo un lungo inverno, il tempo di cui abbiamo avuto bisogno per imparare a guidare o praticare uno sport, ed applichiamo tutto questo al tempo di cui il bambino ha bisogno per coordinare i processi neurologici con quelli motori con quelli della relazione uniti alle regole della societò in cui vive…Il tempo è davvero il più prezioso dei Valori e il più fedele degli alleati.

La lentezza aiuta la concentrazione ; un bambino che si stà vestendo da solo al mattino mentre la mamma o il papà bollono perchè rischiano di arrivare tardi a lavoro stà compiendo uno degli sforzi più grandi che si possano descrivere che avrà ripercussioni non solo sulla sua autonomia e autostima ma anche nella costruzione dei processi mentali che lo accompagneranno durante tutta la sua crescita. Poter dedicare del tempo ad un attività così complessa (per citarne una tra tante) sarebbe quindi un beneficio per tutti a lungo termine.

L’acqua che cade lentamente scava una roccia meglio di una cascata. (Proverbio latino)

Un simile meccanismo riguardante il tempo e la ‘produttività’ lo troviamo molto spesso anche nella scuola. Le classi numerose e un programma da seguire non consentono ad ogni bambino di rispettare la propria velocità, il proprio ritmo di apprendimento. Anzi vengono forniti parametri entro e fuori dai quali i bambini sono definiti “avanti o indietro”, il fattore del ritmo individuale di apprendimento difficilmente viene preso in considerazione, spesso per motivi pratici e organizzativi. Così ancora una volta il bambino sarà costretto ad adattarsi al mondo dei ‘ grandi’.

Se osserviamo un bambino lasciato libero di assolvere ad un compito, senza limiti di tempo, ci sembrerà di vedere davvero un maestro in meditazione. Esistono pratiche molto antiche, come ad esempio il Tai chi, il Qi Gong, Tandava o lo Yoga, che favoriscono il benessere psicofisico facendo del loro punto di forza proprio la lentezza; il procedere lento del corpo armonizza il respiro , placa la mente e reindirizza i pensieri. I processi mentali frettolosi saltano passaggi fondamentali che il corpo invece registra ; facendo il percorso inverso, quindi partendo dal corpo per arrivare alla mente, la quiete donata dalla lentezza favorisce anche la lucidità di pensiero, la capacità di prendere decisioni, l’ ascolto di sè e dell’ altro.

Invito a provare per credere proponendo una pratica che può fare chiunque appena possibile al primo pasto utile: prova a spostare telefonini o altri dispositivi (o distrazioni) in luoghi diversi dalla tavola, apparecchia con cura il tuo piatto, siediti e dedicati totalmente a quello che stai facendo, alla mano che impugna la forchetta, alla forchetta che raccoglie il cibo, alla bocca che soffia se è caldo, ai polmoni che prendono aria, al cibo che entra nella bocca, al gusto che cambia, alla mandibola, ai denti alla lingua coinvolti nella masticazione, alla gola che ingoia , alla pancia che si riempie. Nella lentezza è possibile sperimentare un modo diverso di mangiare. Ora prova a farlo immaginando di essere un bambino che pratica questo per le prime volte.

Se l’ esercizio ti è piaciuto invito a sperimentarlo in altri campi della vita pratica o dello studio.

Prendersi tempo è un regalo prezioso. Se la lentezza porta beneficio ad un adulto gia ‘finito’ (anche se non lo siamo mai) immaginiamo quanto possa sostenere un bambino che muove i primi passi nel mondo.

Non abbandonarmi! I bambini nella libertà di scelta

Si confonde spesso la “libertà di scelta” del bambino con la mancata guida. Far credere ad un bambino di avere tutte le risposte non è libertà. E’ una condanna alla solitudine, l’inizio di un abbandono,lungo, lento,costante e irrimediabile. Daremo a quel bambino la chiara sensazione di doversela cavare sempre, in ogni situazione, senza mai chiedere aiuto, con la sola consapevolezza di non essere abbastanza se non dovesse sapere cosa fare in un determinato momento. Non possiamo infliggere al bambino la solitudine dei suoi soli pensieri, fargli credere che la sua sia l’unica opinione valida, non permettergli di contemplare altri punti di vista.

Libertà non significa fare in autonomia qualsiasi tipo di scelta. Quello si chiama abbandono.


Il confine può essere labile alle volte. E’ bene tenere un faro puntato su quel filo sottile che li divide.
Quando un bambino nasce,racchiude in sè tutte le sue risposte. Sono però le sue.Possono non coincidere con quelle degli altri “giuste o sbagliate”che siano. Possono non essere affini con il mondo in cui si trova a vivere. Mostrargli le regole sociali, i limiti delle sue osservazioni (anche con l’aiuto dell’autocorrezione) vuol dire permettergli di comprendere che si può sbagliare e che dall’errore si impara, di distinguersi dagli altri senza isolarsi, di cooperare, di evolversi.

Dare ragione ad un bambino senza mostrargli mai l’errore, falsa la sua visione della realtà, lo renderà fragilissimo di fronte al primo scontro, accrescerà una falsa autostima che si sgretolerà inesorabilmente non appena la sua visione delle cose verrà messa in contatto con fatti concreti indubbi. Misurarsi con la frustrazione è fondamentale per rimanere in contatto con quella che è la realtà dei fatti.

La riflessione che ogni genitore o adulto che si trova a contatto con bambini dovrebbe fare è questa: questo bambino entrerà a far parte di una società, per cui deve poter avere un’ autostima salda, deve conoscere le regole sociali, essere in grado di collaborare per uno scopo comune, sviluppare il pensiero critico, ma avere anche la consapevolezza di poter sbagliare.Lo sto aiutando in questo?


Un vecchio detto dice: cambiare idea è sinonimo di intelligenza.
Questa è una riflessione interessante, perchè spesso viene attribuita incoerenza quando si cambia idea, invece come noi siamo esseri in continuo mutamento,così lo è la nostra visione della realtà.
I genitori sono chiamati ad essere i custodi dell’infanzia. Questo significa essere costruttori di un ambiente adatto allo sviluppo del bambino,dove si intende inserire motivi di interesse, supporti per il suo sviluppo motorio, cognitivo ed emotivo riferiti al tempo e all’osservazione fatta su quel bambino, nel rispetto poi della sua libertà di scelta che lo connette con il suo maestro interiore e gli fa sentire ciò che è nutrimento per la sua anima e a quello lo conduce; ma anche essere guida nel caos emotivo che può presentarsi nell’animo bambino, affinchè egli non si perda, si senta protetto e compreso dove lui stesso non riesce. La lettura di uno stato d’animo, la presa decisionale in un momento critico fanno sì che il bambino si senta amato, al sicuro.

Prendere decisioni è complicato. Serve allenamento, consapevolezza di sè e del mondo, coraggio, autostima. Un bambino investito della responsabilità di ogni scelta che concerne la sua vita, fin dalla primissima infanzia, sarà un bambino insicuro, fragile, con bassa autostima e pesanti pensieri sull’amore che gli altri provano verso di lui. L’assoluto bisogno di sentirsi amati e protetti è un caposaldo per la liberazione di un’anima bambina senza la quale non potrà volare.

I genitori in buona fede spesso lasciano che il bambino scelga ogni cosa: da come vestirsi a cosa mangiare, da quando andare a scuola a dove andare in vacanza. Ci sono decisioni però che fomentano l’insicurezza del bambino e lo intrappolano in un pensiero oscuro: che cosa vorranno che io scelga? Il bambino cercherà di interpretare i messaggi del genitore e prenderà la decisione che crede egli voglia da lui o,forse peggio, si sentirà abbandonato. Essere genitori significa prendersi delle responsabilità. Così come quando il bambino è ancora un neonato ci si assume la responsabilità di scegliere per lui, a mano a mano che il piccolo cresce sarebbe saggio continuare a prendere certe decisioni e lasciare a lui, a poco a poco, le responsabilità che PUO’ prendere. Perchè libertà è responsabilità. E va calibrata in base allo sviluppo totale del bambino: emotivo, cognitivo, motorio. Non si può pensare che solo perchè parla il bambino possa scegliere ogni cosa. Spesso la sua stessa volontà gli è ancora sconosciuta e la scelta senza opzioni selezionate è portatrice di stati d’ansia e abbassa l’autostima del bambino che si pensa incapace.


E’ necessario dunque interpretare i messaggi dei bambini. Dietro ad un “non sono stanco, non voglio dormire” ci può essere invece un “aiutami a lasciarmi andare, a rilassarmi, a sentirmi al sicuro”; dietro ad un “non te lo dico” un “non lo so dimmelo tu”. Le richieste emotive dei bambini sono spesso sconosciute e inconsce. Il compito dell’adulto è mettere ordine, provare ad interpretare, rileggere e alle volte offrire soluzioni, perchè non sempre siamo in grado di trovarle. Può essere per lo stato emotivo in cui versiamo, per lo stato di consapevolezza, per immaturità motoria e mille altre ragioni . Capita anche a noi adulti di non sapere quale decisione prendere per noi stessi e chiediamo consiglio agli altri. Faremo poi una considerazione personale insieme alla riflessione degli altri, ma il punto di vista altrui, la consapevolezza di avere qualcuno a cui domandare di una scelta importante, come ci fa sentire? Protetti. Perchè sappiamo che ci sarà sempre qualcuno pronto a scegliere per il nostro benessere se fossimo impossibilitati a farlo.

Nel metodo Montessori esiste la lezione dei tre tempi. Ella si raccomanda di non passare mai ad un tempo a cui non siamo certi che il bambino sappia rispondere. Questo sta a significare che ci sono risposte che abbiamo e risposte che devono ancora arrivare. Metterci di fronte a scelte troppo difficili, per le quali non si hanno ancora gli strumenti adatti, porta con sè solo un duro colpo alla propria autostima. Esistono dei tempi, personali e unici, da attendere.

Buona attesa e buone scelte.

Spazio e Tempo: come insegnarlo ai bambini?

L’educazione in Natura è quella più ambita da ormai diversi anni, da quando numerosi studi scientifici hanno posto l’attenzione sull’importanza del vivere in natura e soprattutto sul crescere a contatto con gli elementi naturali e i benefici ad essi connessi, sia fisici che cognitivi e comportamentali e, naturalmente, emotivi. Per questo sono nati numerosi progetti, in continuo mutamento, attenti alle esigenze dei bambini e al rispetto di Madre Terra.

In tempi di Covid19, in cui si pensa ad un nuovo modello di scuola e di educazione, con un forte richiamo alla Natura e al fatto che essa ci consentirebbe non solo le distanze che non possono essere attuate dentro a quattro mura con il conseguente beneficio sanitario, ma anche di vivere la bellezza del tempo e dello spazio in cui siamo, vi voglio parlare delle competenze di orientamento spaziale e temporale.

ORIETAMENTO SPAZIALE

La necessità di orientarsi nello spazio non è solo una competenza didattica, ma aiuta il bambino nel movimento, nella gestione del corpo e nella collocazione di sé, degli altri e degli oggetti nello spazio. Per questo motivo è importante dare degli strumenti al bambino per esercitare questa competenza fondamentale. Sapersi orientare nello spazio gli permetterà, successivamente, di orientarsi sul foglio.

Come insegnare al bambino ad orientarsi nello spazio?

La conoscenza di sé, del proprio corpo e delle sue parti è un elemento di base, che pare scontato forse, ma così non è. Per cui, fin dalla più tenera età è importante nominare le varie parti del corpo e , quando il bambino sarà pronto, chiedere di toccare la parte del suo corpo che viene nominata.

“Dov’è il piede?” “Tocca la pancia” “Mi fai vedere la lingua?” e così via.

A mano a mano che cresce, il bambino inizierà a muoversi. Dapprima gattonando, poi si alzerà in piedi. Da qui possiamo iniziare a domandare al bambino :“Tocca il pavimento”, “Guarda SOTTO al tavolo” “Puoi mettere il cucchiaio SOPRA al tavolo?” “Mettiamo la palla VICINO al papà” “Portiamo i peluches LONTANO dalla cuccia del cane”Se si chiede al bambino di toccare un oggetto , possiamo toccarlo anche noi e aggiungere degli aggettivi descrittivi come per esempio: “E’ freddo!” o “E’ morbido” ecc ecc… Questo permetterà al bambino di far proprie le prime competenze spaziali.

Si procede a piccoli passi. Quando vediamo che il bambino ha acquisito sufficienti esperienze per poter interiorizzare le competenze, continuiamo il nostro percorso e introduciamo DENTRO/FUORI, DAVANTI/DIETRO,TRA/IN MEZZO, DESTRA/SINISTRA, AVANTI/INDIETRO.Si parte sempre dal mostrare al bambino nominando l’azione: “Stiamo DENTRO al cerchio”,“Metto la palla DAVANTI alla pianta”, “Guardo DIETRO al cespuglio” “Guarda, la bambola è TRA la palla e le costruzioni” e così via. Per quanto riguarda la destra e la sinistra si può utilizzare la vita pratica, in particolar modo l’Apparecchiatura del tavolo: “Con la mano DESTRA prendo il cucchiaio” “Prendo la forchetta con la mano SINISTRA”.All’età di 5/6 anni si possono introdurre i punti cardinali, sempre partendo da elementi reali (la posizione del sole).

E’ un processo che impiegherà qualche anno prima di essere completato, ma è fondamentale per creare le basi dell’orientamento spaziale.

Con le competenze spaziali si possono creare tantissimi giochi di movimento , che salderanno ancora più profondamente ciò che è stato appreso, oltre a creare un collegamento con la coordinazione motoria.

L’orientamento spaziale più tangibile è in Natura. Se sono in mezzo ad un bosco, orientarmi non sarà così facile, ma se lungo il cammino osservo l’ambiente e mi colloco al suo interno in termini spaziali (il faggio grande è alla mia destra, devo poi spostarmi sulla sinistra vicino al ciliegio e prendere il sentiero tra le felci e le betulle) saprò esattamente dove andare. Provare per credere!

ORIENTAMENTO TEMPORALE

Si sa che l’orientamento temporale è di difficile comprensione, perchè non lo vedo e non lo posso toccare. Possiamo però farci aiutare, anche qui, dalla Natura.Il giorno e la notte sono sicuramente la base da cui partire. Essi faranno comprendere al bambino il primo grande mutamento ambientale che avviene grazie allo scorrere del tempo. Le stagioni, fortunatamente, esistono ancora (almeno in Italia e in alcune parti del mondo) e sono un valido supporto per far comprendere un altro grande mutamento dello scorrere del tempo.

La sperimentazione sensoriale ed emozionale dello stare in natura in tutte le stagioni, mostrerà, in modo chiaro e indelebile, al bambino, che c’è un qualche cosa che fa subire dei mutamenti al giardino della sua casa, della sua scuola, al bosco che conosce bene. Questo gli consentirà di porre attenzione a questi cambiamenti, perchè influiranno anche sui suoi sensi.

In inverno sentirà freddo, le mani diventeranno rosse, chiederà una giacca più pesante; in estate avvertirà caldo sole sulla pelle, lotterà per poter togliere il cappello e si infastidirà per la crema solare e le zanzare, ma amerà bagnarsi e stare all’aria aperta; in autunno vedrà i colori delle foglie, sentirà il vento e la pioggia, salterà con gioia nelle pozzanghere; in primavera annuserà i fiori, ne osserverà la varietà di forma e colore, imparerà a riconoscere qualche erba selvatica. Ora, dopo aver vissuto l’esperienza, averla fatta propria, avvertendola sul proprio corpo e con i propri sensi, sarà pronto per vederla rappresentata. Potremo allora creare una “linea delle stagioni”, in cui accompagneremo con immagini pensate e sentite, il loro viaggio nel tempo. E’ importante , per la collocazione temporale, usare i termini tipici IERI,OGGI,DOMANI, accompagnati da un racconto di un’esperienza e di una emozione vissuta, per poter comprendere a poco a poco, la differenza. A tal proposito potrebbe essere utile fare un cerchio al mattino(in una scuola o a colazione in famiglia) in cui si domanda ai bambini: chi si ricorda una cosa che abbiamo fatto ieri? Pausa. Poi: “Ti è piaciuto?” “ Non ti è piaciuto?”

Dopo la risposta dei bambini si può dire: OGGI faremo ….. (e si illustra al bambino il programma della giornata). Lasciate spazio al bambino di interagire e,quando è possibile, di prendere parte alla scelta di ciò che si desidera fare in quella giornata.

Introducete il DOMANI al venerdì o se il giorno successivo c’è un evento particolare (il compleanno, natale, la partenza per il mare o la montagna, una gita…).

Quando avranno ben salde le prime competenze potete allargare le conoscenze introducendo i giorni della settimana, sempre legati alle parole temporali che già conoscono. Es. “Ieri,giovedì, cosa abbiamo fatto?” “Oggi, venerdì, faremo…”

A poco a poco comprenderanno che ci sono altre parole per misurare il tempo. Si allargherà poi ai mesi e si legherà alle stagioni, che già conoscono. Chiaramente si possono introdurre i nomi dei mesi già quando si sperimentano le stagioni, ma per i bambini sono ancora termini molto astratti. Sarà più chiaro quando avranno compreso lo scorrere dei giorni.

E’ anche questo un lavoro lungo e complesso, ma affiancando esperienze sensoriali e pratiche (la semina di una piantina che viene giornalmente osservata,per esempio) darà al bambino le basi per potersi costruire la sua linea del tempo. Sarà divertente per esempio affiancare la crescita personale del bambino allo scorrere del tempo. Misurare per esempio l’altezza una volta al mese.

Più il bambino verrà coinvolto a livello corporeo ed emotivo, più sarà facilmente incuriosito.

Riconsegniamo a noi e al bambino la lentezza, la possibilità di assaporare il tempo che passa e di osservare davvero, facendone parte, il luogo in cui ci si trova.

Riprendiamoci il QUI ed ORA.

Manuela Griso

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