Ci si ritrova spesso a sentirsi giudicati come genitori: troppo permissivi, troppo egoisti, troppo genitori-elicottero, troppo duri, poco elastici, poco rigidi, troppo inflessibili, poco intransigenti. Insomma o si è troppo o troppo poco. Anche tu ti senti così? Sappi che non sei solo.
Sapere di avere una moltitudine di persone, che rivestono il tuo stesso ruolo e anche loro si sentono come te, ti permette non soltanto di sentirti parte di un gruppo, ma anche di valutare l’opzione che non sia tu ad essere sbagliato. Ognuno è frutto delle proprie esperienze di vita e con esse interpreta il mondo che lo circonda. Hai imparato che certe immagini, suoni o parole significano una determinata cosa, hanno una certa interpretazione e in questo modo hai creato la tua lettura delle cose. Il cervello decodifica sulla base delle esperienze precedenti, ma rimaniamo d’accordo sul fatto che quella sia una delle possibili interpretazioni, non la sola ed unica possibile, come quei puzzle con più facciate. Dando questo come dato di fatto, è più facile pensare che non esista un “giusto” e uno “sbagliato” assoluti, ma solo delle visioni diverse della gestione delle medesime problematiche.
Se ci pensi, nella vita, ognuno fa cose diverse, a partire dal lavoro. Ci sono per esempio tanti insegnanti, ma non un unico modo di insegnare e possono essere validissimi non solo uno o due metodi, ma una svariata moltitudine. Perché dovrebbe essere diverso per la genitorialità?
Non esiste un unico modo di essere genitori perché non esistono due bambini uguali. Alle volte sento dire che una mamma è troppo permissiva e il bambino/a non ha regole perché è un bambino/a vivace e “fa come vuole”. Le regole sono importanti, dato assodato scientificamente parlando. Bene, ma dove sta scritto che una regola deve essere seguita ed appresa piangendo o sotto minaccia? Alle volte credo che il genitore che si prende del tempo per spiegare una regola al bambino che si oppone, che dedica delle attenzioni all’emozione che sta provando in quel momento, sia tacciato per il genitore “molle” che non riesce a dare delle regole a suo figlio. Ma guardiamo il risultato finale: il bambino è riuscito a stare nella regola del genitore? E’ riuscito a regolare la sua emozione e la sua volontà per seguire quella del genitore? Se la risposta è sì, non vedo perchè quel genitore debba essere etichettato come “permissivo” quando invece è stato un genitore “accogliente, ma fermo”. Ha portato il bambino a comprendere la regola, a rispettarla, magari in tempi più lunghi che con la minaccia di una punizione, morale o corporale, ma in ogni caso ha ottenuto il suo scopo e direi anzi che quel genitore ha messo un seme nel cuore del suo bambino, un seme importante per il suo futuro: l’empatia.
Tutto ciò che apprendiamo è legato all’emozione che stiamo provando nel momento in cui impariamo quella determinata capacità. Se la impariamo con il sorriso o con un adulto che accoglie la nostra fatica, la comprende e la abbraccia, questo ci permette di sentirci amati, di comprendere e accogliere a nostra volta e di tracciare un cammino fiorito nella nostra memoria rispetto alle esperienze nuove. Quanta fatica in meno si farà da adulti? Proprio perchè il nostro cervello decodifica in base alle esperienze passate, se abbiamo appreso legando quell’apprendimento ad un’emozione “positiva” saremo più propensi a svolgere quel compito, rispetto a quando abbiamo imparato qualcosa accompagnati dalla signora paura. Se imparo a nuotare con papà che mi sorregge e un salvagente senza mai provare la sensazione di pericolo sarò molto più propenso ad andare al mare che non se imparo a nuotare perché mi hanno buttato in acqua pensando “prima o poi nuota”. Il principio è lo stesso anche per le cose che non mettono in pericolo la sopravvivenza. Tutto traccia un sentiero all’interno di noi. Tutte le esperienze sono legate a delle emozioni. Se desideri che il sentiero del tuo bambino sia fiorito, colorato e per lo più lineare, è bene che tu porga attenzione a come apprende le regole e i limiti.
Ci sono momenti in cui si può dedicare del tempo e della cura emotiva per gestire una situazione complicata in cui i nostri bisogni si scontrano con i bisogni del bambino. Ci sono momenti in cui questo tempo non è disponibile ed è necessario che il bambino faccia quanto richiesto nell’immediato. Se abbiamo dedicato il tempo necessario quando lo abbiamo avuto, il bambino non avrà grandi difficoltà a rientrare nei tempi stabiliti dall’adulto perché quell’adulto ha conquistato la sua fiducia, è ritenuto “giusto” dal bambino, ha dato prova d’amore e di comprensione nei confronti del suo bambino ed egli saprà riconoscere il limite e il fatto che se potesse dedicare il tempo necessario lo farebbe. Quest’analisi inconscia lo sostiene nel momento in cui i suoi bisogni vengono limitati e circoscritti in una regola più grande. E’ un impegno costante, complesso e per nulla scontato perchè in tutto questo c’è la visione dell’adulto, che si interfaccia con il punto di vista di chi lo circonda (partner, famiglia, amici) e la sua emozione. Se sostenere la propria emozione nel momento in cui il bambino si oppone a quanto richiesto può essere difficile per la nostra storia personale o per la giornata complessa fino a quel momento che ha esaurito le nostre energie, pensa quanto è ancora più difficile se intorno a te ci sono persone che ti guardano con aria di sufficienza e pensano che tu “non sia in grado” di importi su tuo figlio, non utilizzi la tecnica più adeguata o semplicemente gli dedichi troppo tempo. Chi stabilisce quando è “troppo”? Se bambino e genitore sono immersi in un contesto più ampio in cui magari questa mediazione può portare via tempo ad altre dinamiche in cui sono coinvolte altre persone, allora il tempo ha un valore oggettivo; ma se il bambino ha un momento di difficoltà emotiva rispetto ad una regola, il genitore la fa rispettare e si prende del tempo per permettere al bambino di comprendere e accogliere, senza che altri siano coinvolti direttamente, perché il tempo dedicato dovrebbe essere troppo? E’ più sensato dire che ha preso il tempo necessario ad ascoltare il bambino, la sua emozione e anche quella di se stesso. Se avesse agito sotto la guida emotiva accompagnata dalla pressione del giudizio dello sguardo altrui e dalla propria esperienza di crescita, probabilmente avrebbe preso di peso il bambino, minacciato di qualche punizione, preteso il silenzio senza il pianto e fine della fiera. A quel punto però gli stessi che prima lo giudicavano per essere molle, lo avrebbero giudicato troppo intransigente, duro, poco empatico.
Dove sta dunque la misura, il sostegno?
La prima forma di sostegno sta nel NON GIUDIZIO. Non conosci quel genitore, la sua storia personale e la sua storia di madre o padre; non conosci il suo bambino o la sua bambina o se anche la risposta fosse sì, non sei il genitore di quella creatura per cui la tua interazione e il tuo legame con essi sono diversi. Per cui non giudicare con lame affilate: osserva, supporta con uno sguardo quando il genitore mostra amorevolezza anche nelle situazioni meno amorevoli, dona una spalla su cui appoggiarsi quando pensa di aver fallito e fagli i complimenti quando invece di mollare persevera per quella che ritiene sia l’educazione migliore al mondo per il suo bambino, quella emozionale. E’ così che protegge se stesso dal suo giudizio interiore che lo guarda con gli occhi degli altri; è così che protegge il suo bambino da quello che ritiene un percorso deviante per la sua crescita; è così che gli mostra il rispetto e gli insegna a portarlo agli altri; è così che aiuta a comprendere che il tempo è solo un orologio che scorre mentre il suo bambino, i limiti che gli dà, le regole che gli mostra, sono le cose più preziose per lui, perché sa che da tutto questo crescerà una persona emotivamente competente, con risorse interne pronte ad affrontare la frustrazione, con stima di sé e consapevolezza del suo valore, con grandi capacità di ascolto di sé e degli altri, in grado di comprendere l’importanza delle regole e dei limiti come un qualcosa di necessario per una crescita sana.
Siamo immersi in una società che mira alla produzione, al consumismo e il tempo che possiamo dedicare alla famiglia è sempre meno. Tutti in affanno per rincorrere chissà cosa mentre poi si perdono momenti preziosi per educare ed educarsi.
Non correre. Siediti e aspetta. Domani potrebbe non arrivare, pensa ad oggi. Sostieni il tuo bambino nelle sue emozioni, dedicagli e dedicati del tempo per affrontarle insieme. Non diventeranno mai mostri, ma amici competenti che lo guidano.
E tu che dall’alto del tuo trono dispensi giudizi invece che sguardi comprensivi, so che ti sei sentito a tua volta così molto spesso. Puoi abbassare le armi. Puoi provare a guardare gli altri come avresti voluto essere guardato tu.
Manuela Griso
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