La prima relazione che viviamo è quella tra noi e nostra madre.
Nove mesi di scambio vitale e viscerale in cui acquisiamo informazioni genetiche e relazionali.
A volte sono dolori, sofferenze , sono i nodi genealogici, ma anche talenti, predisposizioni, ci viene ‘impresso’ un sistema che condizionerá il resto della nostra vita.
Uno ‘stampo’ relazionale che arriva dalla risposta della madre verso i bisogni del bambino (fame, sete, affetto, senso di protezione e senso del confine) , dalle influenze genetiche che diventano tendenze di indole e naturalmente dall’ imitazione.
Insomma nasciamo con un pacchetto base che prendiamo ma non è veramente nostro, e da questo sviluppiamo le relazioni a seguire, soprattutto quelle di coppia, dove il livello di intimità si approfondisce, le difese calano e le eventuali ferite vengono solleticate.
Dalla conoscenza di questa base possiamo costruire, ricostruire o trasformare , qualcuno dice ‘guarire il sistema’ (genealogico) che , con ogni nuova nascita, cerca di portare Armonia nell’ intera catena familiare.
La relazione con la mamma è lo “stampo base” di tutte le nostre relazioni, anche quella con noi stessi.
La base è sempre l’ Amore, nelle molte variabili in cui viene espresso, chi ti dono la vita compie un atto d’ amore e a volte è tutto quello che può fare, in alcuni casi non può andare oltre.
Alla base chi ti nutre per 9 mesi di sé stessa e ti dona quello che può , niente più di quello che ha , di quello che è, e rischiando la vita (tutt’ oggi il parto espone la donna al rischio della morte e a livello emotivo ad una morte simbolica di un ‘prima’), ti espone alla luce ….Ti Ama immensamente.
Il primo anno, (si ipotizza anzi fino ai 2 anni del bambino) la madre e il figlio hanno un rapporto unico, il figlio ha bisogno unicamente della madre per conoscere il mondo esterno e sè stesso, la figura del padre non è però affatto subordinata. Il sostegno alla Donna e la protezione in una fase così fragile della sua vita in cui si è dovuta moltiplicare e dividere e rinascere come madre arriva principalmente dall’ amore del suo partner, i baci, le carezze, le attenzioni che la madre riceve contribuiscono al benessere di tutti, soprattutto del piccolo; il padre quindi non costruisce ancora una relazione diretta ma la crea in modo indiretto prendendosi cura della madre.
Finita la fase simbiotica (che può durare appunto da qualche mese fino ai due anni) la madre accompagna (dovrebbe accompagnare) il figlio verso il padre e ne agevola la relazione.
Questo passaggio alcune donne lo dimenticano, per paura di perdere il figlio e l’ esclusività della relazione, il padre spesso si sente escluso e già un iniziale difficoltà può trasformarsi in un abisso. Tanto il sostegno del partner durante la fase simbiotica madre-bambino è di grande importanza per una sana vita familiare, quanto lo è l’ accompagnamento verso il padre , verso la relazione con il mondo; il papà porterà il bambino a conoscere il mondo fuori, fuori dal grembo materno (es. lavoro, denaro). Il modo in cui questo movimento avviene anche contribuisce a delineare il nostro ‘stampo base’ di relazione.
Con la pubertà e successivamente l’ adolescenza si ha bisogno di costruire un identità disgiunta dal ‘pacchetto base’ , che poi fa ritorno a ‘casa’ con l’ età adulta e, se non c’è una rielaborazione personale, una crescita individuale, replicando in modo pressocchè identico ciò che è stato ricevuto dai genitori.
Ci si stacca per poi tornare ad essere figli, bisogna stare attenti però verso chi. Un partner non può colmare i vuoti dell’infanzia o ‘aggiustare’ ciò che si era rotto, ma l’ amore di un partner può donare il coraggio necessario per potercela fare.
I figli non appartengono ai genitori ma al destino che si compie attraverso di loro per restituire speranza, la speranza dell’ interruzione, dello scioglimento, dell’ apertura , di un rinnovato fiume d’ amore che ricomincia a fluire.
I figli appartengono all’ “albero” che li ha generati e alla terra che ne fa frutto dolce (o eventualmente amaro).
Per essere grandi bisogna tornare piccoli.
Ma piccoli per i grandi giusti, i “nostri” grandi.
Il compito dei figli non è restituire ai genitori o guarirli o redimerli e nemmeno pretendere da loro le scuse per i loro errori ; il figlio restituisce alla Vita e quando restituisce alla vita diventa Madre o Padre, che sia attraverso un altro figlio o creando qualcosa, qualunque cosa che prima non c’era e che ora può contribuire al bene comune.
Donna è colei che in cuore conosce il suo essere Figlia , Amante e Madre.
Uomo è colui che in cuore conosce il suo essere Figlio, Amante e Padre.
Questo processo non una volta sola ma…ogni singolo giorno della vita.
Maria Rosa Iacco